L’ENEIDE
(30 – 19 a.C.)


Virgilio consacrò gli ultimi undici anni della sua vita al progetto più ambizioso e più caro ai suoi potenti protettori: un lungo poema epico nazionale che celebrasse la romanità.
Il protagonista non fu, come nell’idea originaria, Augusto, ma l’eroe troiano Enea, figlio di Venere e fondatore della gens Iulia alla quale, per altro, Augusto rivendicava di appartenere.
L’Eneide narra i suoi sette anni di pellegrinaggio dalla caduta di Troia alla vittoria militare in Italia, preludio della futura grandezza di Roma.
Lo stile e la concezione dell’opera derivano dal modello dei grandi poemi epici attribuiti a Omero, l’Iliade e l’Odissea, ma vi si riconoscono anche influenze degli “Annales” di Ennio.
Nonostante l’intento dichiarato di glorificare Roma e l’imperatore, l’ampio respiro dell’opera, la finezza psicologica, l’attenzione alla condizione dell’individuo, conferiscono all’Eneide un valore universale.
Il poema ebbe un successo e una fama immediati.
In gran parte degli episodi narrati nell’Eneide fa da filo conduttore il concetto di volontà divina, che, se vista in un ambito più generale, è alla base della concezione dell’Impero stesso, nato per volontà divina.
A differenza degli analoghi personaggi nel poema omerico, che si ribellano alla propria condizione, i personaggi virgiliani, e più fra tutti Enea, sono consapevoli del proprio ruolo fondamentale e del destino che li attende: è il cosiddetto concetto di pietas, molto apprezzato in età augustea, che prevedeva la completa sottomissione alla famiglia, alla patria e agli dei.

Virgilio
le amazzoni nell'Eneide
le fonti letterarie
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