ALLE SORGENTI 

DEL TIMAVO

 

Il Timavo

Il Lacus Timavi

Miti e culti del Timavo

La chiesa di San Giovanni in Tuba

 


Il Timavo 

 

Il fiume Timavo segna il confine tra due zone ambientali diverse: quella calcarea a falesia del Carso e quella lagunare di Monfalcone.

La particolarità di questo fiume sta nel suo corso, che si svolge per un lungo tratto sotto terra. Nasce a sud del monte Nevoso (Snežnik), nella Slovenia ocidentale, e percorre con il nome Timavo superiore, o Reka, un tratto iniziale di 37 km. A 5 km da Trieste precipita nella grotta di S. Canziano e prosegue il suo corso ipogeo per circa 40 km, per tornare alla luce a S. Giovanni di Duino sotto forma di ricche sorgenti, le cui acque danno origine ad un unico corso d'acqua lungo appena 2 km, che sbocca poi nel golfo di Trieste. E' il fiume più corto d'Europa, ma ha una notevole portata.

Lo spettacolo inconsueto del suo inabissarsi e del suo risorgere misteriosamente dalle rocce ha scatenato le fantasie degli uomini, spingendoli a ideare le spiegazioni più disparate sin dall'antichità.

Ma il primo a formulare un'ipotesi su questa questione, per molto tempo rimasta inspiegata, fu il naturalista Cluverio, che nel 1610 ipotizzò l'esistenza di un solo fiume, che dopo essersi inabissato riemergeva dividendosi poi in tre bocche che sfociavano nel M. Adriatico.

 

timavo1.jpg (28497 byte)

timavo2.jpg (28707 byte)

timavo3.jpg (27876 byte)

 

A chiarire più dettagliatamente il mistero che circondava questo fiume è stato, alla fine degli anni Trenta, Eugenio Boegan, padre della speleologia moderna, che ha fatto notare come il problema fosse ben più complesso: il Timavo d'estate restituisce molta più acqua di quanta il Reka, che inghiottito dalle grotte di S.Canziano riaffiora prendendo il nome di Timavo, ne riversi nel suo inabissarsi.   Lo speleologo intuì che non c'era un collegamento diretto tra S.Canziano e S.Giovanni in Tuba, bensì 37 Km di gallerie e caverne collegate a grandi bacini che "amministrano" l'acqua da conservare o restituire al Timavo a seconda dei periodi.

E' stato poi dimostrato come in certe situazioni lo scarso apporto d'acqua del Reka venga compensato dalle risorgive del bacino carsico ipogeo e dagli spandimenti dell'Isonzo e dai laghi carsici di Doberdò e Pietrarossa.

Ancora oggi, nonostante le varie esplorazioni subacque abbiano dimostrato che le sue acque provengono da sessanta e più metri di profondità sotto il livello del mare, le uniche tre finestre da cui lo si può osservare sono il fondo dell'abisso dei Serpenti a Divaccia, il fondo dell'abisso di Trebiciano e infine il Pozzo dei Colombi.

 

timavo4.jpg (25513 byte)

timavo5.jpg (26599 byte)

timavo6.jpg (15094 byte)

 


 

Presentazione Mappa Bibliografia

Il comune di Duino Aurisina

L'ambiente

La storia

L'economia

La letteratura

Il nostro percorso

Home Liceo Petrarca

Multimedialità

 

 

Il Lacus Timavi

 

La zona conosciuta dai Romani come Lacus Timavi, di cui parla Livio , corrisponde al territorio costiero tra il Villaggio del Pescatore, San Giovanni di Duino e il Lisert.  La descrizione di Livio fa pensare tuttavia ad una linea di costa alquanto diversa da quella attuale, molto più rientrante, fino alle attuali foci del Timavo, che si modificò successivamente a causa di un progressivo interramento. Due isolette, le Insulae Clarae (ce ne parla Plinio), che ospitavano ville e terme, chiudevano questo specchio d'acqua come una laguna.

Anche le sponde settentrionali del Lacus rivelano l'esistenza, in età romana, di numerose e ricche ville, che popolavano evidentemente un territorio ricco di traffici commerciali, oltre che di bellezze naturali.

La maggioranza dei resti di ville appartiene all'età di Augusto, epoca di sviluppo edilizio e di consolidamento della rete stradale, ma i reperti ritrovati a Duino risalgono anche ai secoli precedenti.

Il Lacus Timavi era collegato alla rete stradale romana dalla via Gemina, che collegava Aquileia e Tergeste, e dalla via che portava a Emona (Lubiana) attraverso la valle del Vipacco. Era un nodo importante di comunicazione tra le vie di terra e quelle di mare.

 

lacus1.jpg (26233 byte)

lacus2.jpg (25211 byte)

lacus3.jpg (28911 byte)

lacus4.jpg (32419 byte)

 

Il porto del Timavo

 

Il porto del Timavo era un importante e sicuro punto d'approdo; lo storico romano Tito Livio, nella sua storia delle guerre istriane, racconta che nella spedizione militare contro gli Istri (178 a.C.) parteciparono anche dieci grosse navi da guerra, le quali si unirono all'esercito consolare proveniente da Aquileia presso il lago del Timavo.

Sotto i magazzini crollati del porto, che sorgeva sulla destra orografica del terzo ramo, sono state trovate le rovine di un edificio costruito o ampliato nel III secolo d.C., quando il porto romano era ancora in piena funzione; a testimonianza di ciò il ritrovamento nelle murature di un edificio di un'aretta votiva con i nomi dei due consoli in carica nel 221. In un altro porticciolo ancora, che si trovava lungo il canale Locavaz, sono venuti alla luce molti resti romani e ruderi di due fornaci di ceramiche (restate in attività fino al medioevo).

Ma il maggior monumento di tutto questo complesso è costituito dalla cosiddetta mansio probabilmente una stazione di posta presso la fons Timavi.

Altri porticcioli più piccoli e semplici si trovano nelle zone oggi bonificate del Locavaz e del Lisert; vicino ai resti di una villa romana è stata ritrovata una chiglia di una nave, lunga dieci metri e larga tre, a fondo piatto, adibita al piccolo cabotaggio nelle lagune e sui fiumi, che oggi si trova al Museo Archeologico di Aquileia. 

Mantennero la loro importante funzione per secoli il porto del Timavo e alcuni isolotti rocciosi, come quello delle Insulae clarae, citate da Plinio, che emergevano dall'acqua. Il più grande di questi venne donato al vescovo di Trieste nel 928 d.C.; sulla base di un altro isolotto i Veneziani fecero un lavoro di consolidamento per poi nel 1283 costruirci un forte per bloccare gli aiuti provenienti dal Friuli e diretti a Trieste che era in guerra con Venezia.

 

lacus7.jpg (31745 byte)

lacus5a.jpg (19726 byte)

lacus6a.jpg (10776 byte)

Così l'isolotto prese il nome di Belforte, ma ora non ci rimangono più né i resti della fortificazione né quelli dell'isola.

Il porto del Timavo rimase un luogo strategicamente importante addirittura fino al 1700: questo è provato dalla proposta della contea di Gorizia di crearvi il portofranco sull'Adriatico che Carlo VI aveva intenzione di promuovere.

La lunga durata dell'utilizzo di questo porto nella storia è data da un fattore geografico: oltre a costituire un facile punto d'approdo, la zona era collegata a molte strade romane. Le merci e i passeggeri provenienti dall'Occidente trovavano conveniente imbarcarsi in questo punto per raggiungere l'Istria o Trieste, piuttosto che proseguire via terra, riducendo i costi di trasporto.

 

lacus8a.jpg (19384 byte)

lacus9.jpg (38760 byte)

lacus10.jpg (30436 byte)

 


Presentazione Mappa Bibliografia

Il comune di Duino Aurisina

L'ambiente

La storia

L'economia

La letteratura

Il nostro percorso

Home Liceo Petrarca

Multimedialità

Miti e culti del Timavo

 

 

Il mistero delle bocche del Timavo

 

Il Timavo è il fiume carsico per eccellenza, che si inabissa improvvisamente e altrettanto misteriosamente riappare sgorgando in superficie con una gran portata d'acqua a poca distanza dal mare. Ciò lo rese famoso sino dall'antichità: già i Greci lo conobbero nel corso delle loro spedizioni commerciali e si interrogarono sul mistero di queste sorgenti.

Tra gli storici e i poeti, greci e latini, che ne parlano, ricordiamo Strabone , geografo greco del primo secolo a.C., che cita le sette bocche del Timavo, riportando la leggenda di Antenore, che dopo aver fondato Padova avrebbe navigato lungo l'Adriatico e, fatto scalo alle foci del Timavo, avrebbe eretto un tempio dedicato a Diomede.

Anche Virgilio ha voluto lasciare nell'Eneide il suo tributo alle misteriose acque del Timavo: i versi sono stati incisi sulla roccia in un monumento visibile dalla strada sovrastante.

San Paolino, vescovo d'Aquileia, in età longobarda, nel 799, cita il Timavo dicendo che scaturisce da nove bocche.

Andrea Rapicio, vescovo tra il '400 e il '500 scrive il poema Histria nel quale parla anche del Timavo.

Questi autori parlano di sette o di nove bocche del Timavo.

Quante erano, quindi, nell'antichità , le sorgenti? Perché oggi ce ne sono tre soltanto? Probabilmente né Virgilio né Strabone videro mai direttamente questa regione; il naturalista Cluverio che le studiò di persona, d'altro canto, nel 1610 ci parla di sei bocche, quattro principali e due più piccole. Certo, dall'età romana la morfologia della zona è notevolmente mutata poichè il mare si è innalzato di almeno due metri.

Ma il numero delle bocche poteva anche mutare in relazione alle piene del fiume: è l'ipotesi di Girolamo Agapito, nel 1823.

Altri miti, oltre a quelli citati, circondano la regione suggestiva del Lacus Timavi. Strabone ci racconta che presso il Timavo c'era un bosco sacro in cui si compiva il sacrificio di un cavallo bianco. Il poeta greco Apollonio Rodio narra nelle Argonautiche di come gli eroi Argonauti, che avevano rapito il vello d'oro, avessero attraversato le montagne portando in spalla la loro imbarcazione e proprio qui avessero ripreso il viaggio per mare, lungo l'Adriatico verso la patria.

 

miti1a.jpg (13516 byte)

miti2a.jpg (20771 byte)

miti3.jpg (32355 byte)

 

I reperti archeologici

 

Ma al di là dei miti, vi sono resti archeologici a testimoniarci l'esistenza di culti nella zona del Timavo.

Nel 129 a.C. il console Sempronio Tuditano, compiendo una spedizione militare contro gli Istri e i Giapidi, si fermò al Timavo al cui nume dedicò una statua: della sua base ci è rimasto un frammento con il suo nome. L'impresa del console e la statua sono ricordate da Plinio.

Presso la prima risorgiva troviamo una lapide di un offerente sconosciuto con la dedica TEMAVO VOTO SUSCEPTO.  Questa divinità, chiamata anche Temavi o Timau, probabilmente di origine veneta, la si trova celebrata anche in una lapide ora al castello di Duino. Due sacelli si trovano ancora ad Aquileia e a Montereale Cellina. Timavo era dunque una divinità fluviale legata alle sorgenti d'acqua, venerata anche in altre parti della regione .

 

miti4.jpg (43739 byte)

miti5.jpg (35137 byte)

 

Un altro mito è quello di Saturno, il Dio delle semine e delle acque: lo testimonia il mortarium (un grande catino usato per i sacrifici) del primo secolo con l'iscrizione NUMEN SATURNI, rinvenuto nel 1960, durante il restauro della chiesa di San Giovanni in Tuba  .

Anche la presenza del culto di Ercole è testimoniata da un'iscrizione appartenuta ad un sacello votivo. Ercole è l'eroe che accompagna Diomede e gli Argonauti. Anche in questo culto, come in quello di Saturno, si intuisce la presenza di divinità più antiche che venivano onorate da genti che frequentavano le zone del Timavo.

In età imperiale, nel primo secolo d.C., presso le risorgive fu edificato un sacello dedicato alla Spes Augusta, divinità che a Roma aveva due templi e veniva festeggiata il primo agosto.

Di questo culto sono rimaste tre lapidi murate all'esterno dell'abside della chiesa di S.Giovanni in Tuba .

I tre offerenti sono Gaio Sacconio Varrone, tribuno comandante di una coorte dalmata; Giulia Stratonica, dama di corte di Aquileia; Auconio Optato, magistrato di una colonia del Norico.

La diversità delle provenienze ci induce a pensare che il tempio della Spes Augusta del Timavo fosse famoso; forse si trattava di persone ammalate ricorse alle cure termali delle Insulae Clarae. Tuttavia la concentrazione dei culti presso le risorgive indica che proprio quella del Timavo era la zona considerata sacra, dotata di proprietà miracolose.

 

miti6.jpg (40738 byte)

miti7.jpg (36468 byte)

miti8.jpg (32189 byte)


Presentazione Mappa Bibliografia

Il comune di Duino Aurisina

L'ambiente

La storia

L'economia

La letteratura

Il nostro percorso

Home Liceo Petrarca

Multimedialità

La chiesa di S. Giovanni in Tuba

 

Accanto alle risorgive del Timavo si incontra la chiesa di S. Giovanni in Tuba, più volte distrutta e ricostruita. E' tradizione che la prima chiesa fosse stata eretta nel V secolo con l'impiego delle pietre tolte dal tempio della Spes Augusta. Questa piccola Basilica paleocristiana (undici metri per venti) recava un pavimento a mosaico policromo con motivi geometrici, floreali e nodi di Salomone. Essa fu costruita per accogliere, come era allora in uso , le sante reliquie, provenienti dall'Oriente, di Giovanni Evangelista e Giovanni Apostolo e in seguito di S. Stefano, Biagio, Lorenzo e Giorgio; grazie alla sua posizione geografica diventò in breve sede importante di culto.

In seguito accanto alla chiesa fu eretto un Monastero benedettino per l'evangelizzazione dei popoli slavi; a testimonianza di ciò è conservato a Cividale un Evangelario degli inizi del VI secolo recante le firme di pellegrini provenienti dalla Bulgaria.

Nel 568 con l'arrivo dei Longobardi o nel 610 con l'invasione degli Avari, le reliquie che erano state deposte sotto l'altare vennero nascoste in un altro luogo. L'invasione degli Ungari distrusse poi completamente il Monastero benedettino.

 

tuba1a.jpg (15803 byte)

tuba2a.jpg (22993 byte)

 

Verso la fine dell' XI secolo i Patriarchi aquileiesi ricostruirono la Chiesa e il Monastero e fu proprio il Patriarca Valdorico che ritrovò le reliquie e le ripose in un sarcofago (1112), di cui ora ci rimane solo una lastra.

Verso la metà del 1400 i Walsee di Duino, feudatari delle foci del Timavo e del suo porto, costruirono un'abside gotica. Altri danni alla struttura della Chiesa furono causati nel XV e nel XVI secolo dai Turchi, così ci fu un ulteriore restauro: nel 1519 per opera di Giovanni Hoffer, Capitano di Duino e nel 1642,quando venne costruito il campanile in stile veneziano.

Danni gravissimi la Chiesa subì con la I Guerra Mondiale, quando venne distrutto nuovamente anche il Monastero.

S.Giovanni in Tuba probabilmente prende il nome dalla parola "tumba", visto che vi erano sepolte le reliquie dei Santi; la dedicazione a S. Giovanni è invece molto comune alle chiese erette vicino a corsi d'acqua, o meglio ancora alle sorgenti, per una chiara allusione al battesimo conferito a Cristo dal suo apostolo. Lo stesso culto di San Giovanni Battista è legato al simbolismo purificatore delle acque risorgenti e può rappresentare la continuità del culto della Spes Augusta.

Oggi non si celebra più la messa nella Chiesa, che ospita però frequentemente concerti.

 

tuba3.jpg (31226 byte)

tuba4.jpg (19635 byte)

tuba5.jpg (28323 byte)


 

Tito Livio, Le storie, XLI, 1, 2:

 

...partito da Aquileia, il console pose l'accampamento al Lacus Timavi: questo lago si protende sul mare. Lì giunse con dieci navi il duumviro navale C.Furio.

 

...profectus ab Aquileia consul castra ad Lacum Timavi posuit, imminet mari is lacus. Eodem decem navibus C.Furius duumvir navalis venit.


 

Plinio  nella sua Storia Naturale parla diffusamente della zona, dell' amnis Timavus, del castellum nobile vino Pucinum, del Tergestinus sinus, della colonia Tergeste. 

   Ricorda le Insulae clarae come sede di terme frequentate perché ritenute molto salutari.

   Nota che Livia , moglie di Augusto, attribuiva i suoi 86 anni d'età al vino Pucino, prodotto in piccole quantità nel golfo dell' Adriatico non lontano dalle sorgenti del Timavo, su un colle sassoso, dove le viti si aprivano al caldo influsso marittimo (...gignitur in sinu Hadriatici maris non procul Timavo fonte saxoso colle, maritimo adflatu paucas coquente amphoras. - Naturalis Historia 14, 60)

 


 

Strabone:

 

"In fondo al golfo adriatico sorge il Santuario di Diomede. Il Timavo vi ha un porto, un bosco sacro bellissimo e sette bocche, con sette corsi, che confluiscono in un solo fiume largo e profondo, che dopo breve tratto sfocia nel mare"

 


 

Virgilio

 

Antenor potuit mediis elapsus Achivis

Illyricos penetrare sinus atque intuma tutus

Regna Liburnorum et fontem superare Timavi,

Unde per ora novem vasto cum murmure montis

it mare proruptum et pelago premit arva sonanti.

 

Antenore, scampato agli Achei, potè pure entrare nel golfo illirico, spingersi senza pericolo in territorio liburnico sin oltre le sorgenti del Timavo che simile a un mare impetuoso erompe dalla montagna per nove bocche con alto frastuono, e inonda i campi di un acqua risonante.

 

Eneide, I, vv.242-246

 


 

San Paolino

 

Timavo, piangi con me in nove rivoli, 

scaturendo da nove fonti, 

piangi sinchè t'inghiotte il mare Adriatico.

 


 

Andrea Rapicio

 

Ecco gli stagni del Timavo; donde

bello a vedersi fresche e cristalline

da sette gorghi fuor sboccano l'acque.

 


Plinio

 

Tuditanus, qui domuit Histros, in statua sua ibi inscripsit "ab Aquileia ad Titium flumen stadia M[M]"

Plinio, Naturalis Historia, 3, 129


Presentazione Mappa Bibliografia

Il comune di Duino Aurisina

L'ambiente

La storia

L'economia

La letteratura

Il nostro percorso

Home Liceo Petrarca

Multimedialità